Complici progetti turistici, mi ritrovai a Provvidenti, già Borgo della Musica, tuttora comune più piccolo del Molise coi suoi 100 abitanti, forse. Borgo della Musica perché nei primi anni Duemila, Provvidenti balzò alle cronache nazionali con un progetto meraviglioso: chiunque volesse esibirsi, sperimentare vecchie e nuove melodie, poteva farlo liberamente in questo minuscolo paesello. E il progetto fu abbracciato, con tanto di concertoni, da nomi come Irene Grandi, Frankie Hi-Nrg, Roy Paci, Morgan e la bonanima di Franco Califano. E bonanima anche del Borgo della Musica, esperienza finita nel 2009 per magagne che non ho mai voluto approfondire. E così a Provvidenti è tornato il silenzio.
L’impressione che si ha camminando per il dedalo di stradine, tra rocce affioranti che quasi sembrano frantumarsi da sé per divenire mattoni, è di passeggiare in un borgo quasi fantasma. Lodevole l’iniziativa del Comune di recuperare le case abbandonate o danneggiate dal terremoto del 2002 per ristrutturarle e renderle appetibili. Ma a chi? Qua in Molise l’emorragia demografica è inarrestabile, e le poche piastrine “illuminate” non possono nulla: Molise regione emofiliaca. Eppure iniziative di questo e d’altro genere, ma anche la semplice presenza di questi 100 abitanti, hanno del commovente. È un fulgido esempio di testarda, caparbia, resistenza molisana. I provvidentesi so’ tosti, come le pietre delle loro case.
Certo poi però vedi la chiesa madre, trecentesca, ricostruita per volere del Tria nel Settecento, completamente abbandonata, un rudere prossimo, per così dire, e ti intristisci, parecchio. Accanto a lei un fin troppo grande, in rapporto, palazzo signorile voluto nel Cinquecento dai D’Ajerbo e un pezzo di storia/leggenda provvidentese. Il campanile pare sia nato su un’antichissima torre d’avvistamento sfruttata da Annibale quando combatté in queste terre contro i romani. Annibale, accampato nella distrutta città frentana di Gerione, ne prende, giustamente, anche i granai. Ecco, qui a Provvidenti (da Providentiae), scavati nella roccia, c’erano i granai di Gerione, fonte provvidenziale di sostentamento (anche) per l’esercito punico.
Il patrono è San Bartolomeo, ma credo francamente che la festa più sentita sia quella della Madonna della Libera. Meta di pellegrinaggio da tempo immemore, il santuario di Santa Maria della Libera appare oggi nella sua versione post-terremoto del 2002. Prima però era già stato rimaneggiato, ristrutturato, ripensato, ricostruito innumerevoli volte. Se non altro perché trattasi del più antico santuario ancora esistente della diocesi di Termoli-Larino. VII-VIII secolo addirittura, edificato nell’ambito della diffusione del culto della Madonna della Libera. Ed è interessante capire qualcosa a riguardo.
In breve: i longobardi conquistano gran parte del Sud Italia; nasce il Ducato di Benevento, diviso in 34 contee tra cui quella di Larino; l’imperatore bizantino Costante II s’incazza e parte all’assedio di Benevento (A.D. 663); il signore longobardo Romualdo innalza un idolo a una dea, vipera biforcuta, ma è tutto inutile; allora Barbato, longobardo ma già cristiano, prega prega e tanto prega che “guardatela!”, grida, e appare la Madonna orante in una nube, sulle mura; Costante II toglie l’assedio, Romualdo si converte, (San) Barbato diventa vescovo di Benevento per acclamazione. Fu proprio lui a voler annettere alla diocesi beneventana le due antiche e illustrissime di Siponto e Larino.
Ed ecco spiegato perché “della Libera” e perché si innalzò una chiesa a lei anche nella diocesi di Larino. Oggi la messa si celebra qui, e la celebra un parroco indiano. Curioso, se si pensa che in piazza c’è una statua dedicata a Mons. Corrado De Vito, vescovo provvidentese proprio in India, dove costruì innumerevoli scuole e ospedali e fu consigliere personale del comunista Nehru e di Indira Gandhi, sua figlia. Vedi come tornano le cose… Casa.
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